domenica 15 febbraio 2009

PIL




L' incipit dell articolo 1 della Costutizione italiana recita testualmente:
" L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.".

Si passa così da una dittatura assoluta, come quella fascista, ad una dittatura "democratica" : quella del business che getta le basi del consumo a cui tutt' oggi veniamo spronati.

Il PIL è un indice che dice che è ricco non colui che vive nel benessere, ma chi può spendere e consumare. Si basa su tutto quanto produce denaro.

Non ricchezza.

Cos è la ricchezza? Cos' è il denaro? Riusciamo a scindere le due cose?

Colui che è felice, ama, si gode il proprio tempo, matura, cresce, conosce, è necessariamente ricco di denaro? E se fosse un povero?
E chi invece prospera economicamente si può dire senza esitazioni che ha lo stesso benessere del povero?

Chi dei due è il ricco? Chi il povero?
Il PIL è dunque una misura del benessere o soltanto un indice del giro di denaro che ci ruota attorno? Che ci fa spendere il nostro tempo a lavorare.

Quello che prima era un popolo che per centinaia di anni si era basato concettualmente sulla cultura, l' arte ed il sapere illuminato della coscienza si tramuta in una macchina di produzione di cui andare fieri, anzi di fronte alla quale prostrarsi in segno di rispetto.

In breve il dio lavoro (accessibile a chiunque, pure a chi non ha neuroni sufficienti per contribuire alla causa che fu prima del rinascimento e dell' illuminismo poi) può sentirsi degno, anzi fiero.
Si perché da questo momento anch egli esiste.


A scuola mi venne inculcata questa aberrante frase quale baluardo di libertà e nobiltà:
"Il lavoro nobilita l' uomo"

Cosa direbbe di questa frase Michelangelo, colui il quale più e meglio di chiunque altro ha interpretato l' uomo nella sua sofferenza e nobiltà nella forma e nella sostanza ideali?
Come se l' uomo di per sé non fosse già nobile in quanto ad immagine di Dio. O se vogliamo per ciò che è nelle sue potenzialità. Come se non fosse che il peccato a renderlo fallibile e fragile sotto il peso morale di essere la creatura imperfetta perché legata al materialismo.


Fare la prova di ciò che l' uomo si è ridotto ad impersonare è semplice. Basta rivolgersi a qualsiasi relitto umano che si spende la pensione al bar e troverete SEMPRE qualcuno fiero di essere lì. Perchè se l' è guadagnato con il sudore della fronte e ciò basta a dargli il diritto di giudicare benché, se questo mondo è così, è grazie anche a lui ed alla sua generazione.
Non ha più forze per lavorare ma allora che ne resta di lui?
Che cosa produce una mente che non ha mai funzionato e prodotto idee, ora che la forza è perduta?
Cosa può insegnare, tramandare ora che si trova nell' era del digitale e non sa nemmeno accendere un computer?
A chi o a cosa serve?
E' un inutile rudere. Disarmato e disabile. Se fosse parte della natura questa lo estinguerebbe.
Perché la natura è spietata (non crudele) e mantiene di sé solo ciò che è rigoglioso, produttivo, vivo.

Ma l' uomo è diverso. L' uomo ha pietà, aiuta, mantiene, procrastina e conserva chiunque ancora oggi consenta la sopravvivenza del sistema basato sul consumo e la spesa.
E chi è inutile diventa indispensabile sia perché produce PIL, sia per lavare la coscienza collettiva affinché non debba mai ammettere che ha ridotto l' uomo ad uno spreco.

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